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Romanzi romantici in un solo posto

reader.chapterRiva del Dolore


Alina

Fango gelido mi morde le ginocchia, penetrando attraverso i brandelli dei miei abiti intrisi di sangue e cenere. Il Lago delle Ombre si stende davanti a me, una distesa d’inchiostro nero che ribolle come se qualcosa di vivo e affamato si muovesse sotto la superficie. La nebbia violacea mi avvolge, densa e soffocante, portando con sé un fetore di decomposizione che mi brucia le narici e mi fa venire voglia di vomitare. Ogni respiro è un peso, ogni battito del cuore un’accusa. Non dovrei essere qui. Non dovremmo essere qui. Ma non c’è nessun altro posto dove andare, non più.

Stringo la mano di Kael, fredda come la morte, le sue dita inerti contro le mie che tremano senza controllo. Il suo respiro rantolante è l’unico suono che rompe il silenzio opprimente, un filo sottile che lo tiene ancora legato a me, a questo mondo. Non lo guardo. Non riesco. So cosa vedrei: il pallore della cenere sul suo viso, il sangue che filtra dalle bende fradice attorno al petto, gli occhi ambra velati da un dolore che non riesco a sopportare. Se lo guardassi, crollerei. E non posso crollare. Non ora.

Il Sigillo di Umbra pulsa nel mio palmo destro, un’ustione viva che mi strappa un gemito soffocato. La luce instabile che emana, argentea e malata, danza sulla mia pelle segnata da graffi e cicatrici, bruciando come acido. Ogni battito è una coltellata, un promemoria del potere che mi scorre dentro, del prezzo che sto pagando. Lo stringo più forte, anche se fa male, perché è l’unica cosa che mi tiene ancorata a questa realtà che vorrei disperatamente abbandonare. Non so quanto ancora posso resistere. Non so quanto ancora voglio resistere.

L’acqua davanti a me si increspa, un movimento innaturale, e un tentacolo di fumo nero emerge dalla superficie, lento, quasi sensuale. Mi sfiora il viso, gelido come un bacio di morte, e un brivido mi attraversa la schiena, strappandomi un altro gemito involontario. La sensazione è sbagliata, nauseante, eppure c’è qualcosa di ipnotico nel modo in cui si muove, come se mi stesse chiamando. E poi la sento, quella voce. Seducente, velenosa, un sussurro che si insinua nella mia mente come un serpente.

“Vieni a me, Alina. Qui c’è pace.”

Il cuore mi si stringe, un pugno di ferro che mi toglie il fiato. Pace. Quanto vorrei crederci. Quanto vorrei arrendermi, lasciarmi andare, smettere di combattere. Ma so che è una bugia. So cosa vuole davvero. Il Divoratore di Mondi non offre pace, solo oscurità, solo vuoto. Eppure, quel sussurro persiste, avvolgendomi come la nebbia, scavando nei recessi della mia mente dove il terrore e la stanchezza hanno già fatto breccia.

“Presto sarai mia,” aggiunge, e la minaccia velata mi fa rabbrividire. Stringo i denti, cercando di scacciare quella voce, ma è ovunque, dentro di me, attorno a me, un’eco che si intreccia al ronzio profondo del varco che pulsa sotto il lago. Ogni parola è un peso in più, un’altra crepa nella mia volontà già spezzata. Non voglio ascoltarlo. Non voglio sentirlo. Ma non so come fermarlo.

I miei occhi, incavati e segnati da occhiaie nere, si fissano sull’acqua nera, cercando una risposta, un segno, qualsiasi cosa. Riflette lampi viola nel cielo, squarci di luce che sembrano ferite aperte in un mondo che sta morendo. I miei capelli castano scuro, un groviglio sporco di fango e sangue incrostato, mi cadono sul viso, ma non ho la forza di scostarli. Il mio corpo è un relitto, snello fino al limite del collasso, tremante per la malnutrizione e lo sfinimento. Ogni muscolo urla, ogni respiro è un’agonia. E il ciondolo antico al mio collo, crepato e instabile, pulsa con un bagliore febbrile, come se anche lui stesse per cedere.

Non so come siamo arrivati a questo. Non so come io sia arrivata a questo. Ma il pensiero di Kael, della sua mano nella mia, mi trattiene dal precipitare del tutto. Lui è la mia ancora, anche se so che lo sto perdendo. Ogni rantolo che esce dalle sue labbra è un coltello nel mio petto, un promemoria che il tempo sta finendo. Devo salvarlo. Devo salvare tutti loro—Giulia, mia madre, il borgo. Ma come? Il rituale al Lago delle Ombre è fallito, lasciandomi con niente se non un vuoto interiore che si espande, un abisso che minaccia di inghiottirmi.

Un lampo di dolore più acuto mi trafigge il palmo, e il mondo si sfoca. La visione mi colpisce senza preavviso, un’ondata che mi travolge e mi trascina via dalla riva fangosa. Mi ritrovo in un luogo che non conosco, una valle desolata di pietra nera, dove il cielo è oscurato da nubi tempestose attraversate da lampi indaco. Al centro, un monolite, un Altare Antico, si erge come una ferita nella terra, circondato da catene di luce viola che pulsano come vive. L’aria puzza di zolfo e cenere, un freddo viscerale mi penetra nelle ossa. E poi lo vedo. Mio padre. È in ginocchio davanti all’altare, il volto contorto dal dolore, le mani che stringono un pugnale runico. Con un urlo che mi gela il sangue, si squarcia il petto, il sangue che sgorga come un fiume nero, assorbito dalla pietra mentre un’ombra pulsante, viva, si forma attorno a lui. Mi chiama, il mio nome un lamento straziato—“Alina!”—e il terreno trema, la luce viola che esplode in un bagliore accecante.

Torno alla realtà con un sussulto, il cuore che martella così forte che temo si spezzi. Il fango sotto di me è freddo, reale, ma il vuoto dentro di me si è espanso, un buco nero che mi divora dall’interno. Mi porto una mano al petto, cercando di respirare, ma l’aria è troppo pesante, troppo densa. La visione mi ha spezzato qualcosa dentro, un frammento della mia mente che non so se riuscirò a recuperare. Mio padre… cosa significava? Perché il suo sangue, il mio sangue, è legato a tutto questo? Non capisco, ma il Sigillo pulsa di nuovo, più forte, come se volesse guidarmi. E io lo so. So dove devo andare. La Valle delle Lacrime. Un nome che mi fa rabbrividire, un luogo che trasuda condanna. Ma non ho scelta.

Il respiro di Kael si fa ancora più debole, un filo che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro. Mi volto finalmente a guardarlo, e il dolore mi trafigge come una lama. La sua pelle abbronzata è cinerea, le bende intrise di sangue fresco, i tatuaggi runici sulle braccia appena visibili sotto il fango e la sporcizia. I suoi occhi sono chiusi, ma so che sotto quelle palpebre c’è un tormento che rispecchia il mio. Non posso perderlo. Non dopo tutto quello che abbiamo passato. Non dopo quel bacio disperato sulle rive di questo stesso lago, un momento che mi ha tenuta viva quando tutto il resto sembrava perduto.

Un ululato selvaggio squarcia la nebbia, un suono gutturale e minaccioso che mi fa gelare il sangue. Torak. Lo riconosco subito, anche se c’è qualcosa di diverso, qualcosa di corrotto in quel richiamo. Non è più solo un avversario, un rivale di Kael. È qualcosa di peggio, qualcosa che il varco ha toccato, trasformato. Il ronzio sotto il lago si intensifica, diventando quasi un urlo nella mia mente, un’eco del caos che sta per travolgerci tutti. Non c’è tempo. Non c’è più tempo.

Stringo la mano di Kael con più forza, anche se so che non può sentirmi, non può rispondermi. “Non ti lascerò andare,” sussurro, la voce spezzata, un filo tremante che si perde nel vento gelido. Non so se lo sto dicendo a lui o a me stessa. Non so se riuscirò a mantenere questa promessa. Ma devo provarci. Devo seguire il richiamo del Sigillo, verso la Valle delle Lacrime, verso quell’Altare Antico che mi ha mostrato mio padre. Anche se significa non tornare indietro. Anche se significa perdere me stessa.

La voce del Divoratore sussurra un’ultima volta, un brivido che mi attraversa la schiena. “Non puoi sfuggirmi.” Chiudo gli occhi per un istante, solo un istante, cercando di trovare un frammento di forza dentro di me. Poi li riapro, fissando l’orizzonte oltre il lago, dove la nebbia si addensa in una promessa di oscurità. L’ululato di Torak si intensifica, un’eco minacciosa che mi ricorda che il pericolo non è solo davanti a me, ma anche alle mie spalle. Il respiro di Kael è un sussurro nella mia mano, un filo che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro.

Non so cosa ci aspetta. Non so se sopravvivremo. Ma so che devo andare avanti. Per lui. Per tutti loro. Anche se ogni passo mi avvicina a un destino che potrebbe distruggermi.