reader.chapter — La Tana del Lupo
Alina
Un passo dopo l’altro, seguivo quell’uomo imponente attraverso la Foresta di Selvoscuro, il terreno scivoloso che minacciava di farmi cadere a ogni istante. I rami bassi mi graffiavano le braccia, come dita scheletriche che cercavano di trattenermi, mentre il ciondolo al mio collo pulsava contro la pelle, un’eco costante di ciò che era appena accaduto nella radura. La foresta sembrava viva, un’entità che si chiudeva intorno a me, opprimente e soffocante, con l’aria densa di umidità e l’odore di terra bagnata che mi riempiva i polmoni. Ogni fruscio tra le foglie mi faceva sobbalzare, e un ululato lontano mi gelò il sangue, facendomi stringere lo scialle di lana intorno alle spalle. Lui, davanti a me, non si voltava mai, la sua figura scura e muscolosa che si muoveva con una sicurezza ferina, come se ogni albero, ogni pietra gli appartenesse. Non aveva detto una parola da quando mi aveva ordinato di seguirlo, e io, con il cuore che martellava nel petto, mi chiedevo se stessi camminando verso una prigione o verso risposte. Paura e una strana, inspiegabile appartenenza mi combattevano dentro, due forze che si contendevano la mia anima sotto quella luna irreale che filtrava a malapena tra i rami.
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