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Romanzi romantici in un solo posto

reader.chapterRabbia e Rivelazioni


Alina

Un tuono lontano squarciò il silenzio della Foresta di Selvoscuro, mentre la pioggia scrosciava senza sosta, trasformando il terreno in un pantano fangoso che risucchiava ogni passo. La nebbia violacea, densa e bruciante, si insinuava nei polmoni, tingendo l’aria di un bagliore spettrale che faceva dolere gli occhi. Stringevo il Sigillo di Umbra con tanta forza che il metallo gelido mi trafiggeva il palmo, ogni pulsazione un promemoria del varco che ci inseguiva, un ronzio profondo che vibrava nelle ossa come un lamento antico. Ogni fibra del mio corpo urlava di stanchezza, ma non potevo fermarmi. Non con Kael che si trascinava al mio fianco, appoggiato a Luna, il respiro rantolante e il sangue che filtrava dalle bende sporche avvolte intorno al petto. Il suo viso, pallido come la cenere, era una lama nel mio cuore, un misto di paura e determinazione che mi teneva ancorata a lui, anche mentre il vuoto dentro di me si allargava, un freddo che minacciava di inghiottirmi.

Giulia camminava qualche passo davanti, la borsa di tela con il manoscritto stretta al petto come fosse un’ancora di salvezza, le mani tremanti e il viso rigato da pioggia e lacrime. I suoi ricci rossi, una volta così vivaci, erano appiccicati alla fronte, e ogni tanto si voltava a guardarmi con occhi pieni di un’ansia che mi stringeva lo stomaco. Dietro di lei, mia madre, Elisa, avanzava in silenzio, il capo chino, le spalle curve sotto il peso di qualcosa che non era solo la pioggia. Non mi guardava, non da quando avevamo lasciato la Cripta delle Lamentazioni. Ogni suo passo sembrava un’ammissione di colpa, e io sentivo la rabbia montare dentro di me come un’onda, pronta a travolgere tutto.

Un ululato lontano echeggiò tra gli alberi contorti, rami che sembravano artigli tesi a strapparci via ogni speranza. Luna, con il branco alle sue spalle, si irrigidì, gli occhi azzurri che scandagliavano la nebbia. “State attenti,” ringhiò, il tono tagliente ma venato di stanchezza, il fianco bendato che mostrava tracce di sangue fresco. “Non siamo soli qui.” Il suo avvertimento mi fece rabbrividire, ma non era solo la paura di Torak o dei cacciatori di Dante a pesarmi sul petto. Era il sussurro del Divoratore, un’eco seducente nella mia mente che mi invitava ad arrendermi, a lasciarmi andare al buio per trovare pace. Scossi la testa, stringendo i denti, il dolore del Sigillo che mi riportava alla realtà. Non potevo cedere. Non ora. Non con Kael che dipendeva da me.

Ci fermammo sotto un albero gigantesco, le sue radici contorte che sporgevano dal terreno come ossa spezzate. La pioggia tamburellava sulle foglie sopra di noi, un suono incessante che sembrava amplificare il silenzio teso tra me e mia madre. Non ce la facevo più a ignorarlo. Ogni sguardo che evitava, ogni parola non detta, era una ferita che si apriva di nuovo. Mi voltai di scatto verso di lei, il cuore che mi martellava nel petto, la voce che usciva tremante ma carica di rabbia. “Basta, mamma. Basta con i tuoi silenzi. Dimmi perché. Perché non mi hai mai detto niente del patto, del mio sangue, di papà? Perché mi hai lasciata cieca di fronte a tutto questo?”

Elisa si fermò, il viso che si alzava lentamente verso di me, gli occhi verdi—così simili ai miei—lucidi di lacrime trattenute. La sua bocca si aprì, ma le parole uscirono spezzate, quasi un sussurro sotto la pioggia. “Tutto quello che ho fatto… era per proteggerti, Alina. Non potevo dirtelo, non potevo rischiare…” La sua voce si incrinò, e per un momento vidi il dolore che portava, un peso che sembrava schiacciarla. Ma non bastava. Non dopo tutto quello che avevo perso, tutto quello che stavo ancora rischiando.

“Proteggermi?” urlai, la voce che si spezzava mentre le lacrime mi rigavano il viso, mescolandosi alla pioggia. “Mi hai resa debole con i tuoi segreti! Se sapevi del patto, del mio sangue, perché non mi hai preparata? Guarda dove siamo ora! Guardaci!” Indicai Kael, che si appoggiava a Luna con un’espressione sofferente, il respiro corto, poi Giulia, che stringeva il manoscritto come se fosse l’unica cosa a tenerla in piedi. “Sto perdendo tutto, mamma. E tu… tu mi hai mentito per tutta la vita!”

Elisa crollò, le spalle che tremavano mentre si copriva il viso con le mani, incapace di rispondere. Le sue lacrime erano silenziose, ma le vedevo, e una parte di me—una parte che odiavo in quel momento—voleva abbracciarla, consolarla. Ma il tradimento bruciava troppo. Ogni suo silenzio era stato una gabbia, un amore soffocante che mi aveva lasciata vulnerabile, impreparata per l’oscurità che ora mi reclamava. Il Sigillo pulsò nella mia mano, un dolore acuto che sembrava rispondere alla mia rabbia, e sentii il vuoto dentro di me espandersi, un freddo che mi risaliva lungo la spina dorsale.

“ Basta, vi prego!” La voce di Giulia tagliò l’aria, tremante ma determinata, mentre si metteva tra noi due, le mani alzate come a costruire un muro. I suoi occhi marroni scintillavano di paura e frustrazione. “Non è il momento di litigare. Abbiamo il manoscritto, possiamo trovare un modo… ma solo insieme. Alina, lo so che sei ferita, ma non possiamo permetterci di spezzarci ora.”

Mi voltai di scatto verso di lei, pronta a ribattere, ma le sue parole mi colpirono. Aveva ragione, anche se odiavo ammetterlo. Non potevamo permetterci divisioni, non con il varco che ci inseguiva, non con Kael che stava scivolando via da me. Sentii una mano fredda stringere la mia, e abbassai lo sguardo per incontrare gli occhi ambra di Kael, opachi dal dolore ma ancora pieni di una forza che mi spezzava il cuore. “Non lasciarti consumare dall’odio, piccola,” sussurrò, la voce rauca, spezzata. “Abbiamo bisogno di lei… e di te.” Ogni parola sembrava costargli un’agonia, e io sentii un nodo stringermi la gola, la rabbia che si mescolava a un terrore profondo di perderlo.

Mi allontanai di qualche passo, il respiro corto, il viso bagnato di pioggia e lacrime. Guardai Elisa, ancora curva sotto il peso delle sue scelte, e sentii un misto di amore e risentimento che non riuscivo a districare. “Va bene,” mormorai infine, la voce bassa, quasi soffocata. “Collaborerò. Ma non significa che ti perdono.” Le parole erano dure, ma necessarie. Dovevo mettere un muro tra noi, almeno per ora, per non crollare del tutto.

Giulia annuì, un’espressione di sollievo che le attraversava il viso, mentre si avvicinava a Elisa, posandole una mano sulla spalla. “Il manoscritto parla di un rituale alternativo,” disse, cercando di spostare l’attenzione, la voce carica di una speranza fragile. “Qualcosa che non richiede… un sacrificio finale. Dobbiamo raggiungere Pietraluna, la cripta sotto la chiesa. È la nostra unica possibilità.”

Un barlume di luce si accese in me a quelle parole, anche se era debole, soffocato dal peso di tutto il resto. Un rituale alternativo. Una chance per salvare Kael, per salvare tutti noi, senza perdere me stessa o lui. Ma mentre Giulia parlava, il Sigillo pulsò di nuovo, un’energia instabile che sembrava quasi ridere della mia speranza. Il vuoto dentro di me si allargò ancora, un freddo che mi stringeva il cuore, e per un istante sentii la voce del Divoratore sussurrare nella mia mente, dolce e velenosa. “Arrenditi, Alina. La pace è a un passo. Lascia andare tutto…”

Strinsi i denti, scacciando quel pensiero con un brivido, il dolore del Sigillo che mi ancorava alla realtà. Mi voltai a guardare Kael, i suoi occhi che mi imploravano di non cedere, e sentii una determinazione fragile ma necessaria accendersi dentro di me. Non potevo arrendermi. Non ancora. Non mentre c’era ancora una possibilità, per quanto piccola.

La foresta intorno a noi sembrava osservare, testimone silenziosa della nostra fragilità. La nebbia violacea si infittiva, avvolgendo gli alberi come un sudario, e un sussurro spettrale emerse dal buio, un’eco che sembrava ridere della nostra lotta. Un altro ululato lontano echeggiò, più vicino questa volta, e il mio cuore si strinse. Non sapevo cosa ci aspettasse—Torak, i cacciatori, o qualcosa di peggio—ma sapevo che ogni passo verso Pietraluna ci avvicinava a una verità che poteva salvarci o distruggerci.

Mi avvicinai a Kael, prendendogli la mano con un tocco tremante, la sua pelle gelida contro la mia. “Andiamo avanti,” sussurrai, più a me stessa che a lui, mentre la pioggia continuava a cadere, un manto infinito che sembrava voler lavare via ogni cosa, anche la nostra speranza.