reader.chapter — L’Intruso nella Notte
Lea Voss
Una tempesta feroce si abbatteva su Villa Voss, il vento ululava come un lupo famelico, scuotendo le finestre incrinate e facendo tremare le pareti di pietra. Seduta al tavolo polveroso della sala principale, stringevo tra le mani il diario di nonna Greta, le sue pagine ingiallite illuminate dalla luce tremolante di una candela. Ogni parola sembrava pesare come un macigno sul mio petto, soprattutto quella frase che continuava a tormentarmi: “un patto spezzato sotto la luna”. Il ciondolo d’argento che portavo al collo, un’eredità di Greta, sembrava bruciarmi la pelle, come se volesse avvertirmi di qualcosa che non riuscivo ancora a comprendere. Fuori, la pioggia martellava senza sosta, un rumore incessante che amplificava il senso di oppressione che mi avvolgeva.
Stavo sfogliando il diario, cercando di decifrare i simboli incisi accanto a quel disegno inquietante di una figura con occhi ferini, quando un tonfo sordo risuonò dal portone d’ingresso. Sobbalzai, il cuore che mi schizzava in gola. La candela sfarfallò, quasi spegnendosi, mentre un’ombra massiccia si delineò sulla soglia. Il profumo di terra bagnata e bosco selvaggio invase la stanza, un odore primordiale che mi fece rabbrividire. Mi alzai di scatto, le gambe che tremavano, ma un istinto profondo mi impedì di arretrare. Chiunque fosse, non gli avrei mostrato paura, anche se dentro di me stavo urlando.
“Non giocare con il fuoco, piccola,” disse una voce profonda, quasi un ringhio, che sembrava vibrare nelle pareti stesse della villa. L’uomo avanzò di un passo, uscendo dall’ombra. Era alto, imponente, con spalle larghe che sembravano occupare tutto lo spazio. I suoi capelli neri, spettinati e bagnati dalla pioggia, gli cadevano sugli occhi grigio tempesta, che mi fissavano con un’intensità che mi inchiodò sul posto. Una cicatrice sopra il sopracciglio destro gli conferiva un’aria pericolosa, e la giacca di pelle nera che indossava sembrava aderire ai suoi muscoli come una seconda pelle. Emanava un’energia selvaggia, qualcosa di indomabile che mi fece stringere il diario al petto come uno scudo.
“Non sono una bambina,” replicai, sorpresa dal tono duro della mia voce, anche se dentro tremavo come una foglia. “E questa è casa mia. Chi sei tu per darmi ordini?” Il mio sguardo si spostò verso il portone aperto, dove la tempesta sembrava ululare ancora più forte, come se stesse rispondendo alla sua presenza.
Un sorriso amaro gli sfiorò le labbra, ma non raggiunse i suoi occhi. “Kyle Draegon,” disse, come se quel nome dovesse significare qualcosa per me. Fece un altro passo avanti, il rumore dei suoi stivali pesanti sul pavimento di legno che riecheggiava nella sala. “E tu sei un problema. Un grosso problema.” Il suo tono era un misto di sarcasmo e minaccia, e ogni parola sembrava pesare come un macigno.
“Un problema?” Strinsi il ciondolo tra le dita, sentendolo scaldarsi contro la mia pelle. “Non so di cosa stai parlando. Esci da casa mia, subito.” La mia voce tremava, ma cercai di sostenere il suo sguardo. Quegli occhi… erano come un temporale che poteva travolgermi in qualsiasi momento.
Kyle inclinò la testa, osservandomi come un predatore che studia la preda. “Oh, lo sai eccome,” mormorò, avvicinandosi ancora. La distanza tra noi si ridusse a pochi passi, e il calore del suo corpo, mescolato all’odore di pioggia e bosco, mi colpì come un’onda. “Il tuo sangue è la chiave, ma potrebbe anche essere la nostra rovina. Non hai idea di cosa stai portando con te, vero?” I suoi occhi scesero sul ciondolo, e per un istante un’ombra di qualcosa – rabbia, forse paura – attraversò il suo volto.
Deglutii a fatica, il cuore che martellava così forte che ero sicura potesse sentirlo. “Il mio sangue? Sei pazzo. Non so di cosa parli, e non voglio saperlo.” Le parole del diario mi tornarono in mente, quel riferimento ai licantropi, al sangue che lega e condanna. Possibile che… no, era assurdo. Eppure, guardandolo, qualcosa dentro di me si agitò, un’eco selvaggia che sembrava rispondere alla sua presenza.
“Pazzo?” Ridacchiò, un suono profondo che mi fece venire la pelle d’oca. “Forse. Ma tu sei pericolosa, anche se non lo sai ancora.” Si avvicinò di un altro passo, e istintivamente arretrai, urtando il bordo del tavolo. La candela vacillò, proiettando ombre danzanti sulle pareti, e per un momento mi sembrò che gli occhi di Kyle brillassero di una luce innaturale, come se qualcosa di ferino si nascondesse sotto la superficie.
“Stai lontana dalla Foresta di Ostmark, se vuoi vivere,” disse, la sua voce che si abbassava a un sussurro minaccioso. Prima che potessi rispondere, sollevò una mano, e le sue dita sfiorarono il mio viso, appena sotto il mento. Il contatto fu breve, un gesto che avrebbe potuto essere una carezza se non fosse stato carico di un’energia così oscura. La mia pelle bruciò sotto il suo tocco, e un brivido mi attraversò, non solo di paura. C’era qualcosa in lui, una promessa di pericolo e desiderio che mi fece arrossire, anche se odiavo ammetterlo.
“Non… non toccarmi,” balbettai, spingendo via la sua mano, ma la mia voce mancava di convinzione. Il suo sguardo mi teneva prigioniera, e per un istante mi sembrò che il mondo intorno a noi svanisse, lasciando solo il rumore della tempesta e il battito del mio cuore.
Kyle si ritrasse, ma non distolse gli occhi dai miei. “Non sto giocando, piccola,” mormorò, e quella parola – piccola – mi irritò e mi scaldò allo stesso tempo. “Quello che sei… quello che potresti diventare… è una minaccia per tutti noi. E non lo permetterò.” Fece un passo indietro, ma la sua presenza sembrava ancora riempire la stanza, come se il suo profumo e la sua energia si fossero impressi nell’aria.
“Tutti noi chi?” chiesi, la voce più ferma ora, spinta da una rabbia crescente. “Non ti conosco, non so di cosa stai parlando, e non ho intenzione di ascoltare le tue minacce. Esci da casa mia, adesso.”
Un altro sorriso, questa volta più freddo, gli attraversò il volto. “Oh, ci rivedremo presto,” disse, voltandosi verso il portone. “E allora non potrai nasconderti.” Le sue ultime parole furono quasi inghiottite dal ruggito del vento mentre usciva nella-tempesta, lasciandosi alle spalle solo il suono della porta che si chiudeva con un tonfo pesante.
Rimasi immobile, le mani che tremavano mentre stringevo il ciondolo, ora così caldo che sembrava pulsare contro la mia pelle. La candela si spense improvvisamente, immergendo la sala nell’oscurità, e un tuono scuoté la villa con una forza che mi fece sobbalzare. Il silenzio che seguì fu ancora più inquietante, rotto solo dal gocciolio della pioggia che filtrava da qualche crepa nel tetto.
Chi era quell’uomo? Cosa voleva dire con il mio sangue come chiave? E perché, nonostante la paura, una parte di me sentiva un’attrazione così forte verso di lui, verso quel pericolo che rappresentava? Mi sedetti di nuovo al tavolo, il diario ancora aperto davanti a me, ma non riuscivo a concentrarmi. Il suo profumo, quel mix di terra e selvaggio, aleggiava ancora nella stanza, e il ricordo del suo tocco mi bruciava la pelle.
Villa Voss sembrava trattenere il fiato, le ombre sulle pareti che si allungavano come dita invisibili. Sapevo che quella notte non avrei dormito. Non dopo questo. Qualunque cosa Kyle Draegon volesse da me, qualunque cosa significasse quella maledizione di cui parlava, ero determinata a scoprirlo. Anche se significava affrontare lui… o qualcosa di molto più oscuro.
Un altro tuono ruppe il silenzio, e per un istante mi sembrò di sentire un ululato lontano, portato dal vento. Stringendo il ciondolo, fissai il portone, chiedendomi quando – e come – Kyle sarebbe tornato. E se, quando quel momento fosse arrivato, sarei stata pronta per affrontare ciò che mi aspettava.