reader.chapter — Il Bosco che Parla
Lea Voss
Scendere dalla collina di Villa Voss è come affondare in un mare di nebbia, un velo freddo che si aggrappa alla mia pelle mentre seguo Kyle verso la Foresta di Ostmark. Ogni passo sembra amplificare il bruciore del ciondolo d’argento contro il mio petto, un freddo innaturale che mi morde la carne come un avvertimento. Stringo la borsa dove ho infilato il diario di Greta, il suo peso un’ancora che mi tiene legata a segreti che non sono ancora pronta a svelare. Le parole criptiche scritte nella sua calligrafia tremolante—“Il Cuore della Luna chiama il sangue”—mi ronzano nella testa, un enigma che mi fa rabbrividire mentre il vento sussurra tra gli alberi, quasi pronunciando il mio nome come aveva fatto all’alba, quando abbiamo chiuso il portone della villa con un tonfo che sembrava un addio.
Kyle cammina davanti a me, la sua figura imponente segnata da quell’andatura zoppicante che tradisce il taglio sulla spalla. La giacca di pelle è strappata, macchiata di sangue secco, e ogni tanto si volta, i suoi occhi grigio tempesta che mi scrutano con un misto di urgenza e qualcosa che non riesco a decifrare. Non parla, non ancora, ma la tensione nel suo corpo è palpabile, come se la foresta stessa lo stesse premendo da ogni lato. Gli abeti alti si chiudono sopra di noi, le loro ombre che si intrecciano in figure contorte, e l’odore di muschio e terra bagnata si mescola a qualcosa di più acre, qualcosa che sa di sangue e cenere. Siamo entrati nel Bosco Sussurrante, un luogo che persino i licantropi temono, un dedalo di terrore primordiale dove ogni albero sembra vivo, ogni ramo un dito che si protende per afferrarmi.
Un fruscio improvviso tra i cespugli mi fa sobbalzare, il cuore che mi martella nel petto. Mi fermo, stringendo il ciondolo con una mano, sentendo il metallo pulsare sotto le dita come un secondo battito. “Cos’era quello?” sussurro, la voce che trema nonostante il mio tentativo di sembrare calma. Kyle si gira di scatto, i suoi occhi che scrutano l’oscurità tra i rami, la mano destra che si contrae come se fosse pronto a trasformarsi. “Niente,” ringhia piano, ma il tono è teso, privo della sua solita sicurezza. “Questo posto gioca con la testa. Non lasciarti distrarre, Lea.” Eppure, mentre lo dice, i suoi occhi incontrano i miei per un istante, e vedo un lampo di preoccupazione che mi stringe lo stomaco. Non è solo il Bosco a preoccuparlo. Sono io.
Riprendiamo a camminare, i miei stivali che affondano nel terreno fangoso, ogni passo un sforzo contro una forza invisibile che sembra voler risucchiarmi. La luce della luna, pallida e distorta, filtra a malapena tra le fronde, illuminando cortecce incise da rune che sembrano muoversi, pulsare come vene sotto la superficie. Mi fermo di nuovo, incantata e terrorizzata, passando le dita tremanti su una di quelle incisioni. È come se l’albero stesso respirasse, un’energia oscura che mi fa arretrare con un brivido. “Non toccare nulla,” mi avverte Kyle, la voce bassa ma tagliente, mentre si avvicina. La sua presenza è un calore improvviso nell’aria gelida, e per un attimo il mio corpo si inclina verso di lui, come attratto da una forza che non riesco a controllare.
“Kyle,” inizio, deglutendo il nodo che mi stringe la gola, “dove stiamo andando esattamente? Cosa stiamo cercando?” La mia voce oscilla, un misto di curiosità e insicurezza che odio sentire. Ho bisogno di risposte, ma una parte di me teme ciò che potrebbero significare. Si ferma, voltandosi verso di me, le spalle larghe che sembrano portare il peso di un’intera montagna. La luce della luna gli accarezza il viso, evidenziando la cicatrice sopra il sopracciglio destro e la tensione nei suoi lineamenti. “È una reliquia antica,” dice, la voce profonda che vibra nell’aria densa, “nascosta in un tempio al centro di questo dannato Bosco. Si dice che possa spezzare qualsiasi maledizione, persino quella del Sangue d’Argento. Ma non sarà facile—niente lo è qui.”
Le sue parole mi colpiscono come un pugno, e il ciondolo si scalda contro la mia pelle, un bruciore che si mescola al gelo che già mi scorre nelle vene. “E se non ci riuscissimo?” mormoro, gli occhi che si abbassano sulla cicatrice a mezzaluna sul mio polso, che pulsa in sincronia con quella di Kyle. “Se fosse solo un’altra leggenda?” Lui mi guarda, un lampo di vulnerabilità che attraversa i suoi occhi grigio tempesta, così rapido che quasi lo perdo. “Allora siamo già morti,” risponde, il tono più morbido, quasi un sussurro. “Ma non ti lascerò affrontare questo da sola.” Quelle ultime parole mi avvolgono come una promessa, ma anche come una condanna, e sento il peso del nostro legame stringersi intorno al mio cuore.
Non so cosa rispondere, così mi limito a seguirlo, il silenzio tra noi carico di una tensione che non ha nulla a che fare con il Bosco. Ogni tanto il suo braccio sfiora il mio mentre mi guida attraverso un sentiero particolarmente stretto, e il contatto, per quanto fugace, fa brillare la cicatrice sul mio polso. Ricordo il rituale nella Radura della Luna Rossa, il modo in cui il nostro sangue si è mescolato sotto la luce scarlatta, il calore del suo corpo contro il mio, e un’ondata di desiderio mi travolge, così intensa che devo distogliere lo sguardo. Ma il Bosco non permette distrazioni. Il vento si alza, un coro di voci antiche che sembrano sussurrare il mio nome, “Lea… Lea…”, facendomi rabbrividire. Mi guardo intorno, il cuore che batte all’impazzata, ma non c’è nulla, solo ombre che danzano tra gli alberi.
All’improvviso, la figura di Kyle davanti a me sembra svanire, inghiottita da una nebbia densa che odora di sangue e cenere. “Kyle!” grido, la voce che si rompe mentre mi guardo intorno, il panico che mi stringe il petto. Gli alberi si chiudono su di me, i rami che si intrecciano come gabbie, e per un istante sono sola, il gelo del Sangue d’Argento che si intensifica fino a farmi tremare. Poi la sua voce, ruvida e urgente, taglia l’aria: “Sono qui, Lea. Non muoverti.” Riappare dalla nebbia, il volto teso, e senza pensarci gli afferro il braccio, le dita che si stringono sulla sua giacca di pelle come se fosse l’unica cosa a tenermi ancorata. Lui non dice nulla, ma il suo sguardo si addolcisce per un istante, e la sua mano si posa brevemente sulla mia, un tocco caldo e ruvido che mi fa accelerare il battito.
“Dobbiamo stare attenti,” mormora, il tono che torna duro mentre si guarda intorno. “Questo posto… crea illusioni. Ti fa vedere cose che non ci sono.” Mi lascia andare, ma il calore del suo tocco persiste, un contrasto doloroso con il freddo che mi consuma dall’interno. Annuisco, stringendo di nuovo il ciondolo, sentendo la borsa con il diario scaldarsi contro il mio fianco. È come se Greta fosse qui con me, un’ombra che mi osserva, che mi guida o mi condanna. Non lo so. Tutto quello che so è che ogni passo in questo Bosco mi sembra un passo verso qualcosa che potrebbe distruggermi.
Avanziamo più lentamente ora, il terreno che diventa sempre più infido, il fango che mi risucchia gli stivali. Gli alberi sembrano più vivi, le rune sulle loro cortecce che pulsano con un ritmo che mi ricorda il battito del mio cuore. Un senso di essere osservati mi opprime, occhi invisibili che mi scrutano da ogni ramo, da ogni ombra. Mi avvicino a Kyle, il suo calore un’ancora in questo mare di oscurità, ma lui mantiene una distanza emotiva che mi ferisce più di quanto vorrei ammettere. So che sta soffrendo, non solo per la ferita sulla spalla, ma per qualcosa di più profondo, qualcosa che non mi ha ancora detto. E io… io temo che il prezzo di tutto questo possa essere lui.
Un ululato lontano, ma troppo vicino per essere ignorato, riecheggia improvvisamente tra gli alberi, facendoci fermare di colpo. Il mio cuore si ferma per un istante, e un fruscio tra i rami davanti a noi mi fa stringere il ciondolo con tanta forza che il metallo mi morde il palmo. Kyle si pone davanti a me, il corpo teso, la mano destra che si contrae, pronta a trasformarsi in artigli. “Resta dietro di me,” sussurra, la voce un ringhio basso che mi fa rabbrividire, non di paura ma di qualcosa di più complesso, qualcosa che brucia sotto la superficie. Mi sposto alle sue spalle, il respiro corto, mentre il Bosco trattiene il fiato, in attesa di ciò che verrà.