reader.chapter — Ombre di Nebbia
Lea Voss
Un ululato lontano squarciò il silenzio del Bosco Sussurrante, facendomi gelare il sangue nelle vene. Il mio respiro si condensò in nuvole di vapore nell’aria fredda, mentre il cuore mi martellava contro le costole. Accanto a me, Kyle si irrigidì, il corpo teso come una corda pronta a spezzarsi, un ringhio basso che vibrava nel suo petto. La nebbia, densa e appiccicosa, odorava di sangue e cenere, avvolgendoci come un sudario mentre gli occhi grigio tempesta di Kyle scandagliavano l’oscurità davanti a noi. Un fruscio tra i rami contorti fece scattare la mia testa verso l’alto, il ciondolo d’argento al mio collo che bruciava con un freddo innaturale, propagandosi come un veleno nelle mie vene.
“Stai indietro,” ringhiò Kyle, posizionandosi davanti a me con un movimento fluido, le spalle larghe che sembravano un muro tra me e ciò che si nascondeva nella nebbia. La sua giacca di pelle, strappata e macchiata di sangue secco, pendeva da una spalla ferita, ma la sua postura non mostrava alcuna esitazione. Sentivo il calore del suo corpo contrastare il gelo che mi stringeva, eppure non potevo ignorare il tremore nelle mie mani, il peso del diario di Greta nella borsa che sembrava pulsare come un secondo cuore.
Prima che potessi rispondere, due occhi di fuoco emersero dall’oscurità, brillando come braci in un mare di nebbia. La creatura che si materializzò davanti a noi non era un lupo qualunque: era un’ombra fatta di fumo e bruma, il suo corpo traslucido che si contorceva come se fosse tessuto dall’aria stessa, ma le sue fauci erano reali, spalancate in un ringhio silenzioso che fece vibrare la terra sotto i miei piedi. Un guardiano primordiale, un’eco di antiche magie che infestavano questo luogo maledetto. Il mio stomaco si strinse, ma non c’era tempo per la paura.
Kyle non esitò. Con un ruggito, il suo corpo si trasformò a metà, i muscoli che si gonfiavano sotto la pelle, zanne e artigli che spuntavano mentre si lanciava contro la creatura. Il suono dello scontro era selvaggio, un misto di ringhi e scricchiolii mentre i suoi artigli tagliavano la nebbia, solo per vedere la forma del lupo riformarsi con un sibilo inquietante. Ogni colpo sembrava inutile, e il sangue che colava dalla spalla di Kyle mi fece stringere i denti. Non potevo restare a guardare.
Con un respiro tremante, alzai la mano sinistra, la cicatrice a mezzaluna sul polso che pulsava con un bagliore argentato, sincronizzata con quella di Kyle. “Obbedisci!” gridai, la voce spezzata ma carica di un’autorità che non sentivo mia. Il potere del Sangue d’Argento si risvegliò dentro di me, un’onda di energia che mi attraversò come un fulmine, ma con essa arrivò un gelo profondo, che si insinuò dalle dita fino al cuore. I miei occhi bruciarono, un’intensità ferina che sapevo brillava nei miei iridi verdi, e per un istante vidi il mondo attraverso una patina argentata, ogni dettaglio acuto e selvaggio.
La creatura si fermò, i suoi occhi di fuoco che si socchiudevano come colpiti da un dolore invisibile. Un’onda di forza uscì da me, spingendola indietro, facendola dissolvere in volute di nebbia che si dispersero tra gli alberi contorti. Ma il prezzo era alto. Crollai in ginocchio, il terreno fangoso che mi risucchiava mentre il gelo mi stringeva il petto, rendendo ogni respiro una lotta. Il ciondolo al mio collo sembrava un peso morto, e la cicatrice pulsava come un avvertimento.
“Lea!” La voce di Kyle, ora umana ma roca, mi raggiunse mentre si inginocchiava accanto a me. Le sue mani ruvide afferrarono il mio polso, stringendolo con una pressione che era insieme conforto e disperazione. I suoi occhi grigio tempesta, ancora selvaggi per la trasformazione, cercarono i miei, e vi lessi una paura che raramente mostrava. “Non lasciarti consumare,” sussurrò, il tono basso e urgente, come se stesse implorando qualcosa di più grande di me.
Cercai di annuire, ma il tremore nelle mie membra non si fermava. Mi sentivo svuotata, come se ogni comando dato al Sangue d’Argento mi strappasse un pezzo di anima, lasciandomi più vicina a qualcosa che non volevo diventare. “Sto bene,” mentii, la voce debole mentre mi rialzavo con il suo aiuto, il calore della sua presa che contrastava con il freddo dentro di me. Ma non ero sicura di chi stessi cercando di convincere.
Kyle non rispose, ma il suo sguardo rimase fisso su di me per un lungo istante, un misto di protezione e qualcosa di più profondo, un desiderio che bruciava sotto la superficie ma che nessuno di noi osava affrontare. La cicatrice sul suo polso pulsava in sincronia con la mia, un ricordo del rituale nella Radura della Luna Rossa, del sangue condiviso sotto una luce scarlatta. Distolsi gli occhi, incapace di sostenere quell’intensità, e mi concentrai sull’oscurità intorno a noi. Il Bosco Sussurrante tratteneva il fiato, ma sapevo che non ci avrebbe lasciati riposare a lungo.
“Dobbiamo muoverci,” disse infine Kyle, la voce tornata dura, anche se il suo tocco sul mio braccio era gentile mentre mi aiutava a stabilizzarmi. “Questo posto non ci darà tregua.”
Annuii, stringendo la borsa con il diario di Greta più vicina al petto. Ogni passo sembrava più pesante, il terreno fangoso che cercava di risucchiarmi, gli alberi contorti che si chiudevano sopra di noi come una gabbia vivente. Le rune incise sulle cortecce pulsavano al ritmo del mio cuore, un richiamo che dovevo ignorare, anche se una parte di me—quella parte che temevo di più—ne era attratta. Camminammo in silenzio per quelli che sembrarono minuti eterni, finché non trovammo una piccola radura, un’oasi di calma relativa dove la nebbia si diradava appena, lasciando filtrare una luce lunare pallida e distorta.
Mi sedetti contro un albero, la corteccia ruvida che graffiava la mia schiena attraverso la maglia, il respiro ancora corto mentre cercavo di scacciare il gelo dalle mie vene. Kyle rimase in piedi, vigile, il suo sguardo che scandagliava l’oscurità circostante. Le sue ferite, il taglio sulla spalla e ora nuovi graffi sul braccio, lo rendevano meno imponente del solito, ma la sua presenza era comunque un’ancora per me. Eppure, nei suoi occhi c’era un tormento che non riuscivo a leggere, un peso che portava da solo.
“Cosa sto diventando?” mormorai, più a me stessa che a lui, le dita che stringevano il ciondolo d’argento. Il pensiero del diario di Greta, delle sue parole criptiche—“Il Cuore della Luna chiama il sangue”—mi perseguitava. Ogni volta che usavo il potere, sentivo quel confine avvicinarsi, un’ombra che minacciava di inghiottirmi. E se fossi diventata come lei? Una figura di potere, sì, ma anche di vendetta, una prigione per chiunque mi stesse vicino?
Kyle si voltò a guardarmi, ma non parlò. Si avvicinò lentamente, sedendosi a pochi passi da me, il calore del suo corpo un contrasto netto con l’aria gelida. Non disse nulla, e forse non c’era bisogno di parole. Il silenzio tra noi era carico, pieno di pensieri inespressi, di paure che condividevamo ma che non osavamo affrontare. La cicatrice sul mio polso pulsò ancora, e per un istante desiderai allungare la mano, sfiorare la sua, lasciare che quel legame ci tenesse insieme contro tutto. Ma la paura di ciò che potevo perderlo—o di ciò che potevo diventare—mi fermò.
Improvvisamente, un sussurro si alzò nel vento, un coro di voci antiche che sembrava provenire da ogni direzione, intrecciandosi con il fruscio delle foglie. “Lea…” Il mio nome, pronunciato con un’intonazione che mi fece rabbrividire, un richiamo che era insieme promessa e minaccia. Mi irrigidii, il cuore che accelerava mentre guardavo Kyle, i suoi occhi ora fissi sull’oscurità oltre la radura, la mascella serrata.
“Non siamo soli,” mormorò, la voce un ringhio basso mentre si alzava, pronto a combattere di nuovo. Ma io non potei fare altro che stringere il ciondolo, il freddo che tornava a mordermi la pelle, chiedendomi cosa ci stesse aspettando oltre quel sussurro, e se fossi davvero pronta ad affrontarlo.